sabato 18 giugno 2011

Fiammella-II

                                                   Al cospetto di Sua Maestà

Le fatine corazziere, come le videro, scattarono meccanicamente sugli attenti: buffe pavoncelle che s'atteggiavano a guerrieri, nei loro gonnellini trapuntati in piume di cincia, nei loro mantelli di porpora e nei loro elmi, col pennacchio di peli in ermellino che ora su d'un occhio, ora su d'un altro.
Ma di tutto avevano voglia, la madrina e Fiammella, fuorché di riderne.
" Anoìghete !"
A quel secco comando le porte in madreperla si spalancarono con un sordo clangore, mentre le armigere si spostavano di lato-semplice gesto di cortesia, ché nel varco avrebbe potuto passarci in tutta comodità un elefante del nostro mondo.
"Venitemi  innanzi, orsù! Son qui che v'attendo... kleiete!"
L'avesse portata con lo strascico, e non sopra il ginocchio come piaceva a lei, la nostra fatina si sarebbe chiusa la gonna fra le ante, tanto svelte si serrano alle loro spalle.
Ora c'era solo buio davanti a loro, squarciato qui e là dalla luce della Luna che si rifrangeva sui marmi lucidi di secoli delle colonne, e  solo la fioca luce d'una lampada permetteva di vedere qualcosa che non fosse una foresta di colonne, illuminando una seggiola in mogano, trapuntata di velluto e bordata d'oro zecchino.
Il Trono delle Fate.
" Innanzi, v'ho detto...!"
Tutto era, quella voce che spuntò dalle tenebre, tranne che accomodante, e Lylia accelerò  verso il trono; o meglio, fu quel che fece per due o tre passi, almeno sinché non cadde bocconi per terra, tradita dalla gonna che a lei sì che s'era chiusa fra le porte!
" Leghe!"
Un tocco di bacchetta; gli occhialettti pince-nez della madrina, dal pavimento su cui erano caduti insieme alla loro padrona, passarono così in mano a Fiammella.
"Tenete..."
Fece, porgendogli.
Anche nell'oscurità, poté indovinare la curiosità che le si disegnò in volto, spalancandogli occhi e bocca.
" Oh, bé, grazie tante, Fia-"
Si bloccò a mezzo della frase, mentre d'improvviso la nostra fatina la vide drizzarsi sull'attenti, legnosa come un burattino e tendere il braccio in segno di saluto verso quello che sembrava una macchia rossa, che dal Trono si dirigeva a grandi passi verso di loro.
"Ave a voi, o mia Regina!"
Ululò Lylia.

                                                                            -

La macchia rossa che spuntava nel buio altro non era che il damasco scarlatto dell'abito della Regina: già di per sé una sciccheria, era impreziosita da una fitta ragnatela d'oro, che lo ricopriva sulla gonna, sul busto e sulle maniche, come lo zucchero a velo su di una torta, da cui pendevano a sua volta  lucenti perle del Mare degli Elfi.
Solo il suo volto rimaneva in ombra, ma bastava il fiammeggiare inquieto delle sue pupille nelle tenebre per far capire alle due che fosse meglio così....
" Fòs!"
Dalla regale bacchetta in argento della Regina piovve sulle torcie della sala un fiume di scintille e d'un tratto, in un crepitare generale che ricordò loro un incendio in una foresta, tutte s'accesero.
Ora sì che potevano vederla bene in volto: ricordava un mastino,  e come un mastino ringhiò nel rivolgersi a loro.
" Han anticipato i fuochi per la Festa della Mietitura, per quanto m'è parso, e di parecchio..."
La Regina gettò là quella battuta, tanto gelida che ogni sua parola era scolpita nel ghiaccio perenne delle Montagne dei Coboldi, e neppure fece a tempo a terminarla, primaché la madrina si gettasse in lacrime ai suoi piedi.
" Perdono!Oh, perdono! Tutte le scuse di quest'Universo, o mia Regina..."
"Una sola m'è bastevole, suddita, qualora ti vengan dal cuore..."
" Lo sono, lo sono..."
D'un tratto, si riscosse dai suoi singhiozzi; si drizzò in piedi; con un ruggito puntò l'indice verso Fiammella.
" Lei è stata...è stata lei! Mai mi sarei permessa di perturbare la quiete del nostro castello, di usare un Incantesimo Proibito violando le nostre sacre leggi, di scomodare soprattutto Vostra Eccelenza, mai!, se lei non m'avesse esasperato sino a tal segno! E' una peste: fuma, beve, s'imbosca ogni volta ci sia da fare una missione... ha messo piede una sola volta nel Mondo degli Umani, e solo per tornarsene con quell'abbigliamento con cui osa comparire davanti a Vostra Magnificienza da perfetta scostumata! Avanti così, e le squallide Terre dei Gobbolini diventeranno il paese del latte e del miele rispetto a noi !!!"
La Regina assentì.
"Non credere di svelarmi qualche cosa a me sconosciuta..."
La "pietra dello scandalo", dal canto suo, le guardava appoggiata ad una colonna, mentre s'aggiustava l'orlo della minigonna che continuva a salirle sopra la coscia.
Soltanto allora parve accorgersi dei gravi sguardi che le puntavano addosso; sorrise.
" Avete finito?"
La madrina riscoppiò a piangere.
" O Dei, riservateci un'invasione di Nani, ma non un momento di più a fianco di questa sciagura! Disgraziata, tu...tu..."
La Regina levò il suo scettro.
" Bene così, suddita Lylia, ma or compete a me di-"
" Tu, rovina del Regno delle Fate, schiuma del Mare degli Elfi, fango della Palude dei Gramolini...."
" Lylia, contegno, in nome degli Dei!"
Per tutta risposta  la madrina si rivolse anche verso di lei, sibilando a brutto muso quattro parole che non avrebbe mai e poi mai neanche dovuto pensare.
" Chiudete quella ciabatta, stregaccia!"
Si sarebbe sentito il sospiro d'un moscerino nella coltre di silenzio che avvolse la Sala, mentre persino Fiammella smise d'aggiustarsi il bustino e guardò verso la Madrina ad occhi sbarrati: costei si premeva le mani contro la bocca.
Troppo tardi.
" Siga !"
Dallo scettro della Regina eruppe un lampo blu; come colpì la Madrina in faccia, le sue labbra si serrarono in un unico lembo.
Nei suoi occhi esplose l'urlo che la sua gola non poteva più lanciare.
" Nghh...Mghhh..."
Quanto alla Regina, abbassò lo scettro e si chinò verso quel fagotto borbottante, che batteva i pugni, lacrimando come un frugoletto che non abbia altro modo per farsi capire dalla mamma... e così in effetti era!
" Non ti peritar, mia suddita, ché t'affrancherò da cotesta tua fattura primaché tu possa morirne di inedia..."
L'aggiunta giunse gelida come una brezza di tramontana.
"Sempre che ciò m'aggradi, naturalmente...QUANTO A TE-!"
Le urla agonizzanti d'un drago, quando la lancia d'un cavaliere ne abbia superato le scaglie e gli si sia conficcata in cuore, era il canto d'una ninfa in amore a paragone del tono con cui si rivolse alla nostra eroina, che alzò la testa.
"Quanto a me...?"
Dalla sua gola, mentre parlava alla Regina, voleva uscire il ruggito d'una tigre: ne uscì, per quanti sforzi facesse, il miagolìo d'un micino.
" Un dragone non può aggiogarsi ad un aratro, un ippogrifo non può nuotar scherzando fra le onde ed  un basilisco non può specchiarsi... t'è invero palese tutto ciò?"
Fiammeggiavano i suoi occhi, mentre parlava a Fiammella, come se quel fuoco volesse inghiottire la loro omonima.
"Sì..."
La Regina sorrise in segno di trionfo.
Ma Fiammella non aveva ancora finito.
" Sì, mia Regina, ma sapppiate che della mia vita, della mia vita immortale da fatina, non voglio perdere mank' un istante a pulire il moccio d'un piccolo imbecille, figlio di piccoli imbecilli e nipote di piccoli imbecilli, destinato ad ingrassare i vermi!"
Stavolta fu Fiammella a sorridere, anche se le sue labbra furono scosse da un tremito e la sua voce s'impuntò mentre glielo risillabava per maggiore chiarezza.
"Manco-un-istante!"
Stritolando lo scettro in mano, fino ad incurvarlo, la Regina spalancò la bocca, pronta ad ululare un altro terribile incantesimo.
Lei chiuse gli occhi.

                               Castel Arenfels,  Il Castello delle Fatine nella nostra storia...

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